Il grande Bobby Watson celebra alcuni dei contributi meno conosciuti, ma vitali, degli afro-americani su “Made in America”, la sua decisiva prima registrazione per Smoke Sessions Records.
Il sassofonista e compositore richiama l’attenzione sui pionieri in una varietà di campi, dalla politica alla cultura pop, dalla scienza allo sport.
Queste composizioni sono ispirate da alcuni nomi che dovrebbero essere familiari agli appassionati di jazz – Sammy Davis, Jr. e Grant Green – ma anche da figure storiche più oscure come Wendell Pruitt, Butterfly McQueen, Major Taylor, Madam CJ Walker, Isaac Murphy, Bass Reeves e il dottor Mark Dean. Watson spiega: “Questo progetto è stato una lezione di storia per me e spero che sia una lezione di storia anche per gli ascoltatori”.
Ogni pezzo dipinge un ritratto con spirito e sentimento, rimarcando ogni sfumatura dei suoi soggetti. L’ispirazione che Watson trova in questi dimenticati innovatori, ci giunge attraverso il playing suo e della band, per tutto il corso dell’album. Le radici di Kansas City di Watson brillano nello swing emozionante e nel groove impetuoso che ci riescono a regalarci una dannata lezione di storia.
Per questo progetto speciale, Watson ha arruolato alcuni collaboratori con i quali condivide una propria storia significativa: il bassista Curtis Lundy, il pianista Stephen Scott e il batterista Lewis Nash. Tutti e quattro insieme hanno collaborato con la grande cantante Betty Carter; ma l’album segna anche il gradito ritorno sulla scena di Scott, che è restato per gran parte in silenzio negli ultimi anni.
Bobby Watson sax alto
Stephen Scott Piano
Curtis lUndy Bass
Eric Kennedy Batteria