Grande concerto al Biella Jazz Club martedì 6 dicembre alle ore 21,30 ; il saxofonista Tino Tracanna con il nuovo progetto “Tre”.
Ovviamente la formazione è il “classico” trio con Vittorio Marinoni alla batteria e Giulio Corini al contrabbasso.
Tre  è il  numero  magico della comunicazione  musicale.   Il  dialogo  tra  i  musicisti  è  continuo  e diretto.   Il  suono   è puro ed  essenziale.   E’  possibile passare  da  una  semplice  melodia  alla    più  complessa  ricerca  di  nuove  sonorità mentre i  ruoli  degli  strumenti  si  alternano senza  preclusioni  di  sorta.   Si  suona  vicini  e si  cerca ciò che  più sta nel  profondo. E’  anche  la  ricerca  di  una  possibile  semplicità  comunicativa  attraverso  l’elaborazione  di  materiali  ricondotti  alla  loro   essenzialità  melodica.   Il  trio  propone  un  repertorio  basato  su  composizioni  originali  e  su  rielaborazioni  di  brani  di diversa provenienza.
TINO  TRACANNA Livornese  di  nascita  e  residente a  Bergamo,  Tino  Tracanna  studia  a  Bologna  dove  si  laurea  in Discipline  delle  Arti,  Musica  e Spettacolo. Dal  1981  ai  primissimi  anni  90′  è membro  del  gruppo  di  Franco D’Andrea,  col  quale  partecipa  a svariati  festival  jazz  nazionali  ed internazionali. Tra  gli  album  incisi  durante  questa  collaborazione  spiccano “Live”  e  “No  Idea  of  Time”,  premiati  dalla  rivista  Musica  Jazz  come  miglior  disco  degli  anni  1984  e  1986.    Nello  stesso  anno  il  quartetto  vince  il  referendum come  migliore gruppo  dell’anno. Nel  1983  inizia  a  fare  parte  del  quintetto  di  Paolo  Fresu  col  quale  sono  numerosi  I  tour   in  Italia  e  all’estero  così  come  le  incisioni  ottimamente  accolte  da pubblico  e  critica….
GIULIO  CORINI Nasce  a  Brescia  nel  1979  e  inizia  a  studiare  basso  elettrico  a  14  anni  sotto  la  guida  di  Franco Testa.  Nel  1998  inizia  a  frequentare  il  C.P.M.  di Milano  diplomandosi  nel  2001  con  il  massimo dei  voti  e  lode  sotto  la  guida  di  Dino  D’Autorio  e Attilio Zanchi.   Nel  2000  frequenta  i  seminari  estivi  tenuti  dal Berklee  College  of  Music  a  Umbria  Jazz.  Dal 2001  inizia  lo  studio  del  contrabbasso,  sempre con  Franco  Testa,  perfezionandosi  poi  con  Furio Di  Castri  e  Piero  Leveratto  in  occasione  dei  seminari  estivi  di  Siena  Jazz  2003  e  2004,  manifestazione  nella  quale  ha  ottenuto  una  borsa  di studio  per  spiccate  doti  artistiche…
VITTORIO  MARINONI Tra le varie  collaborazioni  spicca  quella,ormai  ventennale,  con l’ottetto  di  G.  Trovesi  con  il  quale,  oltre  ad  aver  preso  parte  a concerti  in  tutti  i  più  importanti  festival  europei,    ha  realizzato tre  dischi  (  l’ultimo  per  l’ECM  )  tutti  vincitori  del  premio  come miglior  disco  dell’  anno  proposto  dalla  rivista  MUSICA  JAZZ, e  ottenuto  ottimi  riconoscimenti  dalla  rivista  musicale  americana    “Down    Beat “.   Attivo  nell’ambito  orchestrale,  ha  collaborato  con  l’orchestra ritmica  della  RAI,  Orchestra  I  POMERIGGI  di  MILANO  dir.  G. Gaslini,    WDR  BIG  BAND  di  COLONIA  ospite  M.  Stockhausen,  Orchestra  ENEA  SALMEGGIA  dir,  B.  Tommaso  e  S; Montanari,  Orchestra  PROXIMA  CENTAURI  dir.  G.  Gaslini…
Segnaliamo inoltre l’evento speciale di Domenica 11 Dicembre con il saxofonista statunitense Scott Hamilton , solista nella big band di Benny Goodman.
Note su Tino Tracanna “TRE” di Giovanni Greto
A  Villa  Russiz,  a  Capriva  del  Friuli  (Go),  al  concerto  del  sassofonista  soprano  e  tenore  e  compositore Tino  Tracanna,  che  ha  presentato  il  suo  ultimo  progetto,  ‘Tre’,  vale  a  dire  il  frequente  trio  “pianoless”,  da sempre  nel  Jazz  sinonimo  di  libertà  improvvisativa.  In  85  minuti  Tracanna  ha  proposto  una  scaletta  bene  ordinata,  passando  dallo  swing  trascinante  di  brani  come  quello  iniziale,  ‘New  mind  lines’,  a  tempi medio/lenti  come  in  ‘Semplicity’,  un  tema  assai  melodico,  esposto  al  sax  tenore.  E’  un  ¾  veloce  ‘Kim’, titolo  scelto  dal  leader  per  rendere  omaggio  ad  una  diva  degli  anni  ’50,  Kim  Novak,  mentre  ‘PFC  Concept’,  brano  composto  nel  1990,  è  dedicato  a  Paolo  Fresu  –  l’acronimo  sta  per  ‘Paolo  Fresu  cromatic’  – e  al  suo  amore  per l’improvvisazione  sui  cromatismi. E’  da  sottolineare  come,  fin  dalla  sua  fondazione  nel  1984  dello  storico  ‘Paolo  Fresu  Quintet’,  Tracanna abbia  rappresentato  un  elemento  fondamentale  nello  sviluppo  del  combo.  Incuriosisce,  nel  repertorio del  sassofonista,  la  scelta  di  titoli  che  inducono  al  dibattito  come  ‘Notti  eluse  ed  attese  deluse’,  non  sviluppatosi  nell’occasione  per  mancanza  di  tempo,  o  brani  esoterici  come  ‘Adagio’,  in  cui  Tracanna  si esibisce,  oltre  al  tenore,  alla  melodica.  Non  manca  una  ninna  nanna,  ‘Eternina’,  composta  18  anni  fa  in occasione  della  nascita  della  figlia,  nella  quale  si  apprezza  un  lungo  assolo  supermelodico  del  contrabbassista  Giulio  Corini.  Attento  nei  numerosi  stacchi,  ben  segnalati  da  brevissimi  assolo,  il  batterista  Vittorio  Marinoni  porta  con  sé  un  set  di  piatti  di  marche  diverse,  tra  i  quali  spicca  un  ‘ride’  dall’interessante sonorità  oscura.  Abile  con  bacchette,  spazzole  e  mallets,  Marinoni  è  stato  bravo  anche  a  conferire  colori  diversi  e  a  differenziare  le  atmosfere  mutevoli  negli  assolo  dei  compagni.  Il  concerto  ha  avuto  una sorpresa  finale,  quando  in  due  brani  scelti  come  bis,  ‘Misterioso’  di  Thelonious  Monk  e  ‘Pow  How’,  il  piccolo  indiano  le  cui  amate  avventure  nei  Caroselli  degli  anni  ’60  deliziavano  il  sassofonista,  è  stato  invitato  a  salire  sul  palco  “uno  dei  chitarristi  più  originali  dei  nostri  giorni”,  secondo  i  critici  musicali  del  ‘Boston  Phoenix’,  il  raffinato,  sensibile,  creativo  musicista  americano  Garrison  Fewell,  giramondo  per  oltre  30  anni  e  dal  1977  insegnante  nel  prestigioso,  per  chi  ambisce  a  far  carriera  nel  jazz’,  ‘Berklee college  of  music’  di  Boston. I  suoi  assolo  sono  apparsi  adatti  ad  inserirsi  nelle  tessiture  sonore  del  trio.  Il  suono  pulito,  privo  di  distorsioni  e  senza  vibrato,  intriso  di  spiritualità,  ed  un’abilità  tecnica  di indiscutibile  qualità  hanno  ipnotizzato  la  platea  per nulla  impaziente  a  trasferirsi  al  piano  di  sopra  dove  era  stata  approntata  una  piccola  degustazione  vinaria,  visti  i  pregiati vigneti  di  cui  è  ricca  la  regione.  Senza  fretta,  ci  si  trasferisce  al  teatro  comunale  di  Cormòns  per  ascoltare  il  collaudato  quartetto  del  chitarrista  e  compositore  americano Bill  Frisell,  spesso  ospite  del  festival.  Il  nuovo  progetto,  tra  poco  in  uscita  discografica,  “Guitar  in  the  space  age”,  si  addentra  nel  repertorio  pop  di  un  certo  tipo  di  musica “easy  listening”  degli  anni’60,  particolarmente  gradita  al  giovane  Bill.  Nei  10  titoli  selezionati,  Frisell  passa  da  uno  swingante  jazz  “old  style”,  all’amato  ‘Country  and  Western’,  molto  ben  arrangiato,  anche  se  lo  spessore  dei  brani  –  si  riconoscono  tracce  di  ‘Byrds’  ed  ‘Adventures’  –  non  porta  l’ascoltatore  ad  entusiasmarsi. La  band  è  comunque  molto  in  palla,  dall’alter  ego  del  leader  al  dobro,  posizionato  orizzontalmente  come  fosse  una  tastiera,  la  chitarra  con  corde  metalliche,  pizzicata  da una  serie  di  unghie,  che  produce  un  suono  simile  a  quello  dei  mitici  Santo  &  Johnny,  Greg  Leisz,  il  quale  si  alterna  negli  assolo  con  Frisell  anche  alla  chitarra  elettrica,  ma soprattutto  colora  fecondamente  ogni  brano.  Inesauribile  il  lavoro  di  Tony  Scherr,  più  allo  strumento  elettrico  che  al  contrabbasso,  pulsazione  e  punto  di  riferimento  per  le improvvisazioni.  Ai  confini  dello  scatenamento,  pur  se  confinato  in  tempi  molto  semplici,  il  batterista  Kenny  Wollesen  dà  prova  di  abilità  nel  passare  da  episodi  concitati  ad altri  più  pacati  ,  nei  quali  le  spazzole  prendono  il  posto  delle  bacchette. Che  dire?  C’è  in  platea  chi  si  annoia,  chi  invece  non  si  perde  una  nota  di  tutto  quello  che  gli  arriva  all’orecchio.  Va  comunque  sottolineata  l’onestà  di  un  musicista  che  dopo una  lunga  permanenza  nel  Jazz  d’avanguardia  alla  testa  di  un  trio  stellare  (con  Joey  Baron  e  Kermit  Driscoll)  con  il  passare  del  tempo  ritorna  bambino  ed  insiste  nel  voler assaporare  musiche,  che  presumibilmente  costituivano  una  sorta  di  narrazione  nel  passaggio  dall’adolescenza  all’età  matura.  Applausi  sinceri  e  consueta  bevuta,  solo  per i  musicisti,  ahimè,  del  vino  della  pace.