Alcune considerazioni sulla prossima Manifestazione “Narrazioni in Jazz” approvate dal Consiglio Direttivo di PiemonteJazz
Consolidare l’ambiente culturale del jazz a Torino, dargli forma, spessore e credibilità, è stato un lavoro di fondo che ha richiesto decenni di impegno sul territorio. Associazioni, orchestre, spettacoli dal vivo, giovani talenti, un pubblico competente, dibattiti, pubblicazioni, jazz club, festival, didattica: Torino metropolitana ha oggi questo background che la rende ancor più una città internazionale. E’ stato un investimento a lungo termine, condiviso e oggi divenuto prezioso. Per questo motivo crediamo che Narrazioni jazz non possa che essere un progetto particolare, parte di un più ampio disegno per il jazz a Torino metropoli. Affinché non sia percepito come una retrocessione o un momento di recessione occorre una condivisone con le forze attive sul territorio, un marchio di qualità che sia espressione delle migliori iniziative e che ne valorizzi il sistema. Occorre salvaguardare, l’esistente, rispettare la storia e le competenze maturate sul campo, nonché saper valutare e promuovere iniziative, dando impulso al prezioso ambiente culturale del jazz torinese con un marchio del jazz territoriale. Un brand che sia anche espressione della condivisione tra associazioni nei rapporti con le istituzioni.
Quello che è emerso dalla riunione di martedì 10 è invece di nuovo una visione del jazz imposta dall’alto. Dall’esposizione del progetto è emerso che gli accordi erano già precedentemente siglati, presi in camera caritatis da comune e alcuni soggetti individuati arbitrariamente. Nessuna disponibilità alla trasparenza sugli elementi portanti della manifestazione e sui relativi budget. Si è avuta la netta sensazione che le decisioni fossero state prese in anticipo e, soprattutto, che fossero indiscutibili, inderogabili. Sono state messe a bando solo le briciole, per sparigliare il mondo associativo.
Mancata trasparenza sulle nomine dirigenziali, nessuna valutazione delle alternative, nessuna commissione scientifica seria che le valuti e che valuti i progetti. Titolo e modalità della manifestazione sono stati assunti d’autorità ed evidenziano la scarsa considerazione dell’amministrazione per il jazz, visto addirittura come elemento complementare, quasi d’arredo, non centrale nella vita culturale della città. Non è emersa, in altri termini, la benché minima attenzione per la vita culturale jazzistica che si svolge durante tutto il resto dell’anno. Nessuna considerazione per chi mantiene viva quest’arte e ne sostiene, con sacrificio continuo, l’attività di base.
La musica ha la forza di essere un’arte autonoma, anche il jazz. Sostenere che debba essere affiancato da un’altra forma d’arte (narrazione) per essere presentabile è, a nostro modo di vedere, un errore. Il jazz si affianca spesso a letteratura, enogastronomia, arte figurativa, coreutica, sport ecc. per natura, perché è una forma musicale flessibile. Sono collaborazioni di valore, se si tiene presente però che il jazz è prima di tutto una forma d’arte autonoma, e che Torino è sede per storia e tradizione di autentico jazz.
Nel nuovo format manca una proposta strutturata per il jazz metropolitano. La proposta dovrebbe tenere conto che le varie componenti di un ambiente culturale dovrebbero essere integrate e strutturate su più livelli. Dalla formazione, alla comunicazione, all’attività artistica quotidiana, fino alle vette di un grande festival. Ogni metropoli internazionale ha il suo ambiente jazzistico, i suoi club, i suoi musicisti e il suo pubblico. E molte città hanno il loro festival jazz.
Torino è una città di jazz, lo dimostrano le associazioni, le iniziative sul territorio. E’ questo il tessuto dinamico che può dare vita e continuità a questa cultura. La pubblica amministrazione dovrebbe essere pronta ad ascoltare questo fermento e a darvi sostegno, non dovrebbe, invece, intervenire d’autorità come ha fatto nei tempi recenti.
Ecco alcuni punti di riflessione:
- Il Jazz è una forma d’arte autonoma.
- Il jazz è disponibile a collaborare con altre forme di musica e d’arte e di cultura in senso lato, nonché economie sinergiche, in modo complementare.
- Il Torino Jazz Festival era un marchio consolidato con 4 anni di avviamento
- Sul termine e sui contenuti del jazz la comunità culturale torinese e le sue associazioni hanno investito decine di anni in lavoro preparatorio e di background.
- Se il TJF è stato male gestito dall’amministrazione uscente, non ne è responsabile il jazz come comunità artistico-culturale.
- Il TJF avrebbe dovuto rappresentare la punta dell’iceberg di un ambiente e di un movimento culturale che ne è alla base, essendo volontariamente sostenuto e condiviso.
- Quasi ogni grande città internazionale ha il suo festival jazz, il suo principale jazz club, le sue istituzioni didattiche e culturali del jazz. Ci vuole un progetto più ampio e di sistema per il jazz a Torino.
- L’amministrazione attuale ha deciso di elidere il nome Torino dai titoli dei progetti legati al jazz: “Narrazioni Jazz”, “Jazz per la Città”.
- L’amministrazione attuale ha deciso che il jazz non attira pubblico (nonostante i numeri dichiarati dall’ex assessore) e che può solo presentarsi come collaterale a una manifestazione dedicata a un’arte più rilevante, il Salone del Libro.
- La nuova visione del jazz a Torino è nuovamente imposta dall’alto: a nulla serve dimostrare che esiste una rete di associazioni e iniziative ampiamente condivisa. La città ha imposto progetto e modalità di attuazione.
- Dalla condivisione di base nascono identità che non possono essere ignorate dall’ente pubblico. Esse esprimono idee, competenze, storia, patrimonio che sono la migliore somma di ciò che offre il territorio, organizzato in modo sistemico dal basso e quindi spontanea rappresentazione della volontà della comunità. Gruppi di associazioni, consorzi, comitati.
- A parte la perdita del valore del marchio per il jazz e per la città, perché “Narrazioni Jazz” è fuori da un bando?
- Perché il suo direttore artistico è stato nominato senza concorso o valutazione di alternative? Da chi e con quali competenze è stato nominato?
- Perché non è stata costituita prima una commissione di esperti che coadiuvasse l’amministrazione pubblica nella nomina del direttore artistico, costituita sulla base di personalità di chiara fama nel mondo del jazz torinese e profondamente conoscitori del territorio e del suo ambiente jazzistico. La commissione sarebbe già stata pronta e autorevole nella rete di associazioni che condividono lo scopo. Il Consorzio Piemonte Jazz ne è il primo esempio.
- Questa nomina di Stefano Zenni direttore artistico non fa che replicare e confermare la discutibilità delle modalità di nomina precedenti.
- Un cambiamento nell’impostazione della nomina del Direttore sarebbe stato auspicabile, visto che lo stesso progetto che ha prodotto la nascita del TJF era nato sul territorio dal suo tessuto culturale e associativo, coeso e condiviso. Zenni è stato nominato nel 2013 perché residente e attivo in Toscana, non a Torino, per non dover tenere conto delle importanti competenze che esprimeva direttamente il territorio
- In sostanza c’è un cambiamento di nome, da Torino Jazz Festival a Narrazioni Jazz, manifestazione non messa a bando e attribuita arbitrariamente secondo scelte dirigenziali e non trasparenti, con un budget importante, del 90% delle intere risorse, stanziate per il jazz dalla città per l’anno 2017; collateralmente viene annunciata una manifestazione più piccola con una call per le associazioni, che mette a disposizione una parte irrisoria del budget jazz per Torino 2017, con limitazioni di numero di progetti vincenti e di importo “Jazz per la Città”. A latere, con un meccanismo ancora meno trasparente, viene annunciata una notte bianca e un Fringe festival collaterale affidato direttamente e senza bando per una cifra anch’essa rilevante, a una fantomatica società MAP. Considerata la retrocessione del jazz a evento collaterale di un altro evento e di un’altra forma d’arte, il Salone del Libro, la mancata trasparenza nelle nomine e nelle attribuzioni dei ruoli e dei budget principali, suona veramente strano ricevere una call aperta al tessuto associativo per le briciole.
- Ci chiediamo inoltre come sia stata composta la commissione che ha messo a punto il bando, totalmente discutibile, e come sarà composta la commissione giudicante. Zenni, il primo a venire nuovamente nominato senza valutazioni trasparenti, giudicherà le associazioni che per tutto l’anno fanno enormi sacrifici a mantenere viva l’attività jazzistica con il suo ambiente culturale. A lui viene affidato il budget principale che gestirà senza dover rendere conto a nessuno, percependo un probabile ma non dichiarato compenso. Ad affiancarlo una Fondazione per la Cultura che in campagna elettorale la Sindaca aveva promesso di chiudere. In sostanza il nuovo format annunciato dall’Assessore è totalmente nelle mani dell’apparato amministrativo, comunale e della Fondazione, anziché frutto delle competenze, delle idee e dell’impegno condiviso dalla rete di associazioni.
- In tutto questo il vero perdente è il Jazz, non più considerato come forma d’arte autonoma, amministrato da nominati di vecchia guardia che resistono al cambiamento da tutti auspicato, in un sistema di amministrativo dirigenziale che nuovamente si impone senza ascoltare le istanze culturali. In questo contesto la call alle associazioni suona veramente come specchietto per le allodole.
- Vediamo il bando ora:
- La prima osservazione è che i punteggi non si possono ottenere con l’esperienza e la competenza, con la storia e la qualità delle attività svolte sul territorio. E’ ovvio che negli scorsi 4 anni in cui il TJF gestito nel modo che conosciamo ha generato una miriade di nuove associazioni che si aspettano di poter partecipare alla spartizione della torta. In realtà chi ha contribuito nei decenni all’affermazione del jazz dandogli credibilità e un seguito sono state poche realtà storiche. Se nel bando non viene inserito come criterio di valutazione quello storico, della qualità e quantità della produzione negli anni vien meno uno dei presupposti per la serierà e l’affidabilità dello stesso.
- Attribuire 7000 € privilegiando l’aggregazione per ottenere miglior punteggio senza valorizzare con un possibile maggior sostegno le iniziative aggregate significa creare valori ancora più piccoli e spezzettati. Ci dovrebbe essere un premio al saper fare rete, non una penalizzazione.
- Altro criterio discutibile, privilegiare location inusuali: di norma attrezzare biblioteche o uffici postali è complicato e va a gravare sul budget (allestimenti, noleggi, backline). Per cui l’attribuzione di 7000 a pioggia senza differenza di parametri e di grandezza è penalizzante.
- Imporre il tema Jazz e Letteratura anche sull’off è avvilente per la musica jazz in generale.
- Non è prevista nessuna altra azione a favore e sostegno di chi fa musica jazz tutto l’anno mantenendo viva l’attenzione, producendo concerti per la cittadinanza, creando e sostenendo con mezzi e risorse proprie un vero e proprio ambiente culturale.Consorzio PiemonteJazz Via Principe Tommaso, 18/bis – 10125 Torino
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